E non è che chieda la spiegazione pianapiana del Teorema di Fermat.
Chiedo solo al ragazzo seduto accanto a me al tavolo "Mbeh, come ti va?". E pure sorrido, signori. Che ultimamente è complicato. Ma magari lui non lo vede bene, perché è seduto accanto e io non ho l'estensione di Kakihara. Forse proprio non ha visto.
Kakihara (Ichi The Killer - 2001) |
Mi risponde ridacchiando "Perché me lo domandi?".
Ritiro la testa mentre faccio spallucce. E ora... cosa dovrei giustificare? Perché ho voglia di chiacchierare con lui? Ma sta scherzando, vero? Oddio, ho l'alito pesante? O ho chiesto qualcosa che non va bene? L'ho forse chiesto male? È lì, è accanto a me, mi interessa sapere come sta una persona seduta accanto a me. Metti che ha il nervoso, metti che è felice, metti che ha bisogno di un aiuto, di un consiglio, di mandare qualcuno affanculo... io sono qui, passavo da queste parti, facciamo questi cinque minuti di strada assieme o ti scoccio?
E poi, da parte mia, ho anche voglia di sentire della voce. Sento poche voci così da vicino.
[Oh, ma è proprioproprio necessario andare in paranoia dopo aver chiesto a una persona come sta e finire a scriverne un post su un blog? No, non è necessario. Ma l'ho detto che è sempre più complicato...]
Gli contro-rispondo abbozzando "Per fare quattro chiacchiere, perché sei qui". Parole che cadono nel vuoto. Dicendo questo, mi ritiro definitivamente nel mio mondo giallo limone, pensando che non c'era modo più banale di avviare una conversazione, più sciocco di rispondere e pessimo per concludere.
Che il mio modo di socializzare forse è fuori tempo e che a quanto pare sono incapace di comunicare anche solo dell'interesse sincero.
Forse era meglio se gli chiedevo di venirmi ad aiutare a tinteggiare il salotto e a scegliere con me il tipo di bianco (ci sono tanti bianchi, non solo uno). Magari aveva bisogno di una domanda del genere e non che mi interessassi a lui.
Forse dovevo postargli una canzone e non rivolgergli mai la parola.
Ma il salotto me lo tinteggerò da sola. Come del resto finirò a parlare da sola, tra un po'.
L'avreste mai immaginato di arrivare a trentanove anni e aver problemi PURE a chiacchierare?
Il titolo della canzone che segue è sicuramente la risposta migliore che avrei potuto dare.
3 commenti:
Cara Rumika, tre mosse son troppe.. ne basta solo una, esattamente questa: http://www.youtube.com/watch?v=VMpewaEDKdA . Testata personalmente, ci ho conquistato la mia ex :P Cheers!
le persone sono strane assai.
qualche giorno fa stavo dando un consiglio ad una collega che si trova in una difficile situazione. situazione che ho vissuto anche io un paio di anni fa.
ad un certo punto mi da un grosso abbraccio per ringraziarmi, poi si scosta immediatamente imbarazzatissima e mi dice "scusa scusa spero che la cosa non ti abbia messo in difficoltà"
le ho sorriso e le ho detto "assolutamente. secondo me le persone dovrebbe abbracciarsi di più"
però questa cosa mi ha fatto riflettere.
comunque, è bello tornare a leggerti, ed è bello tornare a sentirti nel podcast puffettoso.
un abbraccio, per restare in tema
Come tuo coetaneo ti dirò che ormai, la nostra età può ormai ben definirsi qualcosa di simile al passaggio dell'adolescenza. I 40 anni sono diventati un passaggio cruciale, sia per gli uomini che per le donne (soprattutto per quest'ultime per grosse ragioni biologiche). Lo vedo quotidianamente, sia per quanto mi riguarda che per colleghi e amici. Spesso si reagisce in due modi. Il primo ci si lascia andare cercando di sparare le ultime cartucce (vedasi uomini che si buttano su tutto quello che si muove, donne con improbabili pantaloni in similpelle). La seconda è la mezza depressione del bilancio sulla propria vita, latente ma costante, alla ricerca di un senso delle cose. Questo complica le cose perché in entrambi i casi si ha una perdita di leggerezza, il bene più scarso di cui oggi disponiamo.
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